|
|
|
 |
EMATUBE - FATEMELO DIRE di MAURIZIO LIVERANI SMARRIMENTI, OSSIA: POCHE IDEE, MA CONFUSE Senigallia 10/01/2021 |
 |
 |
Inserito il 10 gennaio 2021 alle 16:00:00 da emanuelecarioti. IT - EMATUBEVIDEO
L’accusa di essere fascisti è stata sostituita da Gad Lerner con quella di nazista. Giorgia Meloni è stata così definita perché preferisce Donald Trump ai democratici. Questa polemica ci riporta alla corrosiva e dolorosa intelligenza di Ennio Flaiano e al suo paradosso: “Il fascismo è una trascurabile maggioranza che si distingue nel fascismo propriamente detto e nell’antifascismo”. L’avversione verso lo sceneggiatore della “Dolce vita” si manifestò in maniera squallida quando il film apparve sugli schermi. “Il punto debole della storia – scrisse “Il Contemporaneo” – è la cattiva letteratura del soggetto”. Negli annali dell’odio letterario il nome dell’autore di “Un marziano a Roma” ricorre spesso. Di fronte a un panorama di simboli di partito, nell’imminenza di non so quale elezioni, sentenziò: “Un imbecille è un imbecille, due imbecilli sono due imbecilli, tre imbecilli sono tre imbecilli, quattro imbecilli sono quattro imbecilli, cinque, sei, sette sono altrettanti imbecilli”. Dopo l’otto e il nove sbottò: “Dieci imbecilli sono una forza storica”. La “casta imperante” dei parlamentari si prese la rivincita. Alla morte di Fellini, il suggeritore dei suoi film, Flaiano appunto, fu completamente ignorato. Il regista aveva imparato dallo scrittore a non confondersi con la politica. Entrambi non volevano farsi immatricolare con i partiti come tanti “disperati” intellettuali ansiosi di “essere scambiati per quello che non si è; per rivoluzionari”. Il suo “Marziano a Roma” incarna l’eterno mistero della caduta dell’ideale, lo scarto tra questo e la realtà. La caduta di un “alieno” nella Capitale, il suo insabbiamento in un mondo in stato di decadenza. E non riesce, al pari del suo autore, ad adattarsi all’”agonia dell’indistruttibile”, come Emil Cioran, il filosofo romeno-francese, definisce la condizione umana. Ennio, corrisponde alla parabola del calabrone descritta nella commedia: “E’ andato a sbattere velocemente contro la lampada, le pareti, i mobili. Dopo un po’ si è acquattato per riprendere le forze … infine è caduto sul tavolo, zampe all’aria annaspava e stamattina era ancora lì, secco, leggero, morto. Non ha capito niente, ma non si può dire che non abbia tentato”. La prima dello spettacolo a Milano, con interprete Vittorio Gassman, fu un fiasco. Gli spettatori inveirono contro l’autore e gli interpreti. Da allora, il grande Fellini cercò in ogni modo di oscurare il contributo ai suoi film dell’indispensabile ispiratore. La conferma della frattura tra Flaiano e Federico – negata da mendaci biografi – ci è offerta dall’epistolario (“Soltanto le parole”) che contiene una lettera nella quale il regista scrive: “Desidero che il nostro delicato, convalescente sentimento di amicizia non abbia ricadute”. Flaiano ricevette la lettera nella clinica dove attendeva il passo estremo, mormorando “Com’è bello”. Era il 20 novembre del 1972. Qualche giorno prima mi fece leggere una lettera di Saul Bellow, lo scrittore americano premio Nobel per la letteratura, dove dice: “Certe volte mi ritrovo a riflettere sull’economia della militanza. Deve esserci un certo numero di persone con piccole rendite, il cui lavoro consiste nel partecipare alle manifestazioni, nel fare picchetti, nel dare voce alla protesta ... Ecco il contenuto di giornali e reti televisive. L’opinione pubblica è sottoposta a continui sondaggi, i politici e i loro consiglieri sono guidati nelle loro strategie dai sondaggi. E questa, diciamolo pure, è l’’azione’… una combinazione di passione e inefficacia … L’assenza di un’articolata leadership politica nel paese provoca una sensazione di smarrimento …”. Bellow si imparentava, oltre che a Flaiano, a Mino Maccari il quale precisava che in Italia ci sono “poche idee ma confuse”. Potremmo precisare: ci sono soltanto convulsioni. MAURIZIO LIVERANI
|
 |
 |
Letto : 57 | Torna indietro
|
 |
 |
 |
 |
|
|
|
|
|